OVUNQUE VADA LA RISPOSTA DEL PUBBLICO E' SEMPRE LA STESSA: ENTUSIASMO, RISPETTO E AMORE PER L'INTRAMONTABILE CANZONE NAPOLETANA, RITENUTA LA MIGLIORE E DESTINATA A NON MORIRE MAI...MA SOPRATTUTTO CUSTODITA DA OGNUNO NELLE PROFONDITA' DEL PROPRIO CUORE.

La Serenata

Momento particolare e delicato quello della serenata: un uomo che, al chiaro di luna, canta romanticamente sotto il balcone di una donna, “ingaggiato” dal fidanzato o marito della stessa!!! …un triangolo paragonabile a quello delle Bermuda, nel quale perdersi per sempre, se la tradizione non giungesse appena in tempo in mio aiuto!
A una tradizione secolare, tramandata di generazione in generazione, devo infatti la possibilità di cimentarmi in questa antica forma d’arte, nonché espressione d’amore. Tralasciando per un attimo le origini e la storia della serenata, vorrei attirare la vostra attenzione sul suo significato profondo: la serenata è un omaggio, un complimento, una dichiarazione, un dono e una prova d’amore al tempo stesso: è l’uomo che concepisce e mette in atto la serenata, ed è la donna che la riceve, ma, allo stesso tempo, la serenata è decisamente un sogno delle donne che l’uomo si impegna a realizzare…se sia l’uomo o la donna ad avere l’idea primigenia, questo non lo so dire, ma quello che so è che, man mano che mi sono state commissionate, le serenate sono diventate a me sempre più gradite ed entusiasmanti: diventare complice d’amore dell’amante, organizzare con lui ogni minimo dettaglio, incontrarmi per strada con il fidanzato e i suoi amici e amiche, recarci sotto casa della sposa, e aspettare il momento fatidico in cui inizierò a cantare, è qualcosa di non descrivibile a parole, bisognerebbe che ognuno organizzasse una serenata per la sua amata per rendersene conto!!! e poi che dire del momento in cui, iniziata la serenata, il mio rapporto si amplia dallo sposo alla sposa, ai suoi amici, ai suoi genitori…osservare gli occhi deliziati della fanciulla, il suo sorriso innamorato (verso il suo amante, si capisce!!!), la felicità che sta provando per la poetica prova d’amore che sta ricevendo.
La serenata è un gesto piccolo che crea un’emozione grande! si “complotta” tutti insieme a fin di bene…si mantiene il segreto per giorni, evitando di far capire alla sposa ciò che accadrà…si organizza l’incontro, il piccolo rinfresco, le foto e il filmino amatoriale, si compra una rosa rossa alle otto di sera quando il fioraio ha quasi chiuso…tutto sembra essere in bilico, fortuito, lasciato al benevolo caso, tutto sembra andare per il meglio grazie al favore degli dei, persino il clima fa di tutto per essere propizio…è ovvio che tutto ciò non è proprio così, ma a chi vive questo magico evento le cose sembrano andare esattamente in questo modo …da secoli questo istante fatato si rinnova per quelli che lo desiderano e lo mettono in scena, in ogni generazione ragazzi e ragazze sono stati protagonisti di questo sogno, incarnandolo e tramandandolo a loro stessa insaputa, e da secoli i cantastorie sono stati i complici perfetti per questo delizioso “delitto” d’amore…devo gratitudine e rispetto per tutti quelli che, avendo bisogno di un interprete per la loro serenata, hanno pensato a me ingaggiandomi, consentendomi così di scoprire dal di dentro questo mondo affascinante e romantico, magico e mitologico, leggero eppure densissimo, che è la serenata d’amore.

 

 

Il Cantastorie

Avete mai provato a leggere un testo di canzone napoletana prescindendo dalla musica? provate, per favore, a farlo almeno una volta nella vostra vita, e vi accorgerete da soli dell’immenso potere evocativo che la lirica napoletana possiede in ogni parola, verso, strofa o ritornello. ogni testo ha un suo svolgimento, racchiude un tema specifico, utilizza un umore adeguato al tema, e racconta una storia, con tanto di personaggi, dialoghi, scenografie, colpi di scena, conditi da morale, riflessioni, commenti, suggerimenti, espressioni di saggezza popolare e descrizioni precise ma universali, minuziose ma sintetiche; solo ad un poeta può riuscire di tessere sapientemente tutte queste raffinate istanze intorno ad una melodia, anch’essa frutto di notevole sensibilità e creatività umana. quando l’intera composizione lascia la bocca e le dita degli esecutori per raggiungere l’ascoltatore, è molto facile che questi riveda, ricordi e ritorni a scene del proprio vissuto, ne riviva il calore, l’umore, rammenti non solo fatti accaduti, ma anche persone, emozioni, stati d’animo collegati al ricordo…ed essendo spesso la canzone napoletana ispirata dall’amore, come non potrebbe evocare in ognuno di noi brani di memoria permeati da questo universale sentimento? ricordo che da bambino, ascoltando le canzoni classiche del repertorio di fausto, trascorrevo interi minuti di ogni brano a immaginare, sognare, fantasticare sull’onda del testo e della musica che ogni canzone mi proponeva. Sprofondare nella propria attività di immaginazione è una delle esperienze più soggettive che possano verificarsi in un uomo, ma anche una delle esperienze fondanti del vivere sociale, del comunicare, del dialogare fra esseri umani. Ecco perché il cantastorie: un anonimo e umile interprete che porge la canzone a chi vuole ascoltarla al fine di continuare all’infinito la trasmissione cuore a cuore di emozioni espresse in parole e musica e di allenare la nostra anima a scambiare “l'immaginario” che da individuale può così diventare collettivo.
Nelle vesti del cantastorie, racconto un'inventata storia d’amore fra due ragazzi di Napoli e la illustro con la canzone classica napoletana eseguita pedissequamente: per seguire lo svolgimento della storia, l’ascoltatore presta attenzione al testo di ogni singola canzone, riuscendo così a godere appieno di quel potere evocativo contenuto nel testo di cui si è detto poc’anzi…ed ecco svelato lo stratagemma del cantastorie andrea anonimo…ma poi perché anonimo, cioè senza nome? perché un cantastorie non ha bisogno essere “qualcuno” in particolare, né avere un “nome” ben determinato come un prodotto di consumo, tanto meno un cantastorie necessita di una identità personale e musicale ben precisa come sicuramente serve a un cantautore o ad un cantante di grido…un cantastorie è una pre-esistenza, un personaggio, è il tutto e il niente senza tempo, un archetipo della memoria che vive di memoria nella memoria…e che cosa è ormai la canzone napoletana per ognuno di noi? cerchiamo forse i nomi degli autori, l’anno di composizione, le scansioni ritmiche del testo, ne facciamo insomma una accurata disamina filologica prima di fruirla e di goderne? in assoluta coerenza con la canzone desidero che anche il cantastorie vada dritto al cuore, senza passare al setaccio della ragione, senza avere connotati superflui che possano “impigliarsi” nelle asperità delle personalità che ascoltano la canzone napoletana, arrestando così il processo di comunicazione. riguardo al nome, la scelta non è casuale: Napoli fu fondata dai greci, e anèr-andròs in greco significa uomo, da cui andrea, mentre anonimòs è: senza nome, senza identità, solo sostanza, senza forma intellegibile.

 

 

L'Interprete

Cimentarsi con il repertorio della canzone napoletana classica non è cosa da tutti: la quantità di canzoni che lo compongono, la qualità delle melodie che le caratterizzano, la complicatezza e talvolta l’estensione dei testi che le connotano, la pronuncia della lingua napoletana, la dizione delle parole durante il canto, le espressioni dialettali e teatrali che spesso compaiono a dare colore alla comunicazione, sono solo alcune delle proprietà indispensabili di cui bisogna tener conto. senza dimenticare che il fine ultimo non è soltanto eseguire la canzone tecnicamente al meglio, ma farla vivere dentro di se e, conditio sine qua non, darle vita soprattutto nell’ascoltatore che aspetta e spera che la sua canzone preferita venga eseguita! con questo non voglio dire che per cantare la canzone napoletana bisogna essere fenomeni, ma semplicemente che per confrontarsi con questi gioielli è fuor di dubbio che bisogna studiare, ricercare, applicarsi, insomma effettuare sforzi che non a tutti piace fare, in quanto soprattutto di natura psicologica: ritengo infatti che non sia possibile cantare senza “sentire”, “percepire”, “immedesimarsi” e “vivere” con la propria interiorità quello che è descritto nel testo sulle note della melodia. Forse sembrerà che io voglia salire in cattedra, ma chi ha fatto questa esperienza darà la giusta valutazione alle mie parole: sento che il mio canto nasce non certo nella gola, bensì dall’insieme di immagini, impressioni, emozioni che io stesso ho concepito ascoltando la canzone in questione…forse anche lo scrittore nasce dalla lettura dei libri altrui, e il pittore riceve stimoli potenti dalla visione delle altrui opere…insomma non credo esista un artista solitario che ha tutto in se e non ha altro problema che sviscerare ciò che ha dentro, bensì esistono uomini e donne al mondo che si nutrono non solo di cibo materiale ma anche di nutrimenti spirituali che la loro psiche elabora e metabolizza, proprio come fa l’apparato digerente con il cibo.
Questo è il motivo principale per cui preferisco studiare e aggiungere canzoni al repertorio e poi eseguirle al pubblico solo quando mi accorgo di “sentire” la canzone, di riuscire a “vedere” le scene descritte dal testo, e di essere padrone della tecnica vocale per cantarla con spontaneità…accade anche di associarle qualche evento di vita personale, sia storico che esistenziale: “ ‘A Sirena” di Salvatore Di Diacomo è un esempio di avvenimento storico personale (da ragazzo a Procida ci stavo rimettendo le penne in una battuta di pesca in apnea notturna), mentre “Voce ‘e notte” mi riporta decisamente a una storia di cui sono stato testimone e che mi ha visto nei panni dell’amico confidente dell’innamorato lasciato per sposare un altro! ritengo molto importante che, come interprete, venga messo in condizione di esibirmi da seduto, con buona illuminazione e messo in condizione di buona visibilità e ascolto da parte del pubblico: d’altra parte auspico la stessa esigenza anche per l’ascoltatore, seduto, concentrato e in condizione di luce adeguate al trasognante ascolto. Non posso fare a meno di sottolineare un aspetto del mio lavoro a mio avviso basilare: devo a ogni persona che mi ha incontrato e ascoltato la crescita e la durata della mia “carriera”…mi è successo spesso di ricevere, oltre ad applausi e complimenti, anche la conferma, da parte di sconosciuti che mi hanno incoraggiato e lusingato in senso costruttivo, che ciò che intendevo comunicare era giunto perfettamente a destinazione senza alcuna confusione. Posso dire che il mio cantare di oggi è semplicemente un atto di gratitudine dovuto a tutti quelli che mi hanno sostenuto con entusiasmo fino a ieri!!!

 

 

L'Autore

Premessa: ho voluto aggiungere questo ruolo ai quattro precedenti pur non avendo neanche una parola da scrivere in un eventuale curriculum da autore commercialmente parlando, poichè di tutto ciò che ho prodotto fino ad ora niente è mai stato pubblicato o distribuito. Accade per due motivi; il primo ha a che vedere con la natura della maggior parte dei miei lavori, che reputo “introspettiva” e quindi non adeguata al confronto con quanto si pubblica oggi: lavori che rispondono troppo spesso alla legge del profitto e dell’immagine che regna sovrana anche sul lavoro compositivo degli autori, e se questa affermazione è certamente contraddetta dalla mia stessa produzione e, mi auguro di cuore, anche da quella di tanti altri, è certo che la suddetta legge impera sulla pubblicazione e divulgazione delle opere degli autori, i quali, o si adeguano alle “richieste” del mercato massificato per sbarcare il lunario producendo opere di facile consumo e divulgazione, o scelgono di far parte di una ristretta cerchia di pochi eletti che si capiscono solo fra loro senza velleità commerciali, anzi, sembrano quasi prendere le distanze da questa componente comunque presente e basilare nell’arte.
Il secondo motivo affonda le sue radici nella mia stessa natura: mi piacerebbe molto sottoporre i miei lavori all’attenzione degli addetti ai lavori, ma dovrebbero essere SIGNORI ADDETTI AI LAVORI, quindi, come scritto, con tutte le lettere maiuscole, ovvero uomini e donne capaci di valutare e scegliere le elaborazioni sotto tanti e vari punti di vista, e non soltanto dal profilo del profitto…ridurre il lavoro originale di un uomo che si è cimentato con se stesso e con gli altri a una semplice questione di “appetibilità” da parte dell’indistinto pubblico o di mera merce di scambio per farne guadagno è, nel mio piccolo mondo interiore, un offesa alla vita, all’arte (anche presunta) e a quella meravigliosa caratteristica dell’animo umano che si chiama creatività.
Tuttavia, ho il dovere di affermare che, anche in mancanza di consenso del pubblico e di numeri che sanciscano il successo di “manufatti musicali e letterari”, chi produce con le proprie forze e capacità elaborati di natura musicale o letteraria originali e non omologati è un autore, anche nel caso questi elaborati non suscitino nell’ascoltatore “estetico riconoscimento” (ovvero producono indifferenza o ribrezzo!!!).
Avevo 15 anni e un grande amore in corso quando scrissi la mia prima canzone… da quel giorno ho composto canzoni rigorosamente chitarra e voce, con il testo sempre in italiano, tranne che per una canzone, il cui testo per necessità doveva utilizzare la lingua napoletana. Un giorno scoprii la storia della vita di Carlo Pisacane, e, affascinato dalla sua figura di napoletano patriota, decisi di raccontare la sua storia illustrandola con canzoni inedite composte da me. Così ho fatto, e quando giunse il momento di raccontare del suo unico amore della vita, non potei fare a meno di utilizzare il napoletano. Nacque così: “CANTO PER UN EROE”, e al suo interno, insieme alle altre undici canzoni, venne alla luce “‘Na vota sola”, canzone d’amore in vernacolo. In napoletano spesso ho composto simpatiche filastrocche per qualche coppia di sposi che hanno voluto che la penna del cantatorie raccontasse dei loro primi passi come amanti; e una raccolta di poesie napoletane che aspettano la giusta ispirazione per farsi canzoni. Recentemente ho soddisfatto la richiesta di una partecipazione di nozze sonora, chitarra e voce, da mettere su cd e da regalare come biglietto d'invito per gli ospiti alla cerimonia!

 

La Posteggia

Avevo circa 18 anni quando, con la mia amatissima fidanzata dell’epoca, andai a festeggiare uno dei nostri anniversari d’amore presso una famosa pizzeria prospiciente alla Riviera di Chiaia a Napoli… davanti ai miei occhi, come in un film, passa ancora la scena: lei seduta al tavolo accanto a me, col suo vestitino finemente colorato acquistato a Capri, le scarpe di vernice rossa decolletè abbinate al vestito, i capelli neri lucidi che brillavano come i suoi occhi, e le mani, delicate miniature in tema con la sua persona…entrambi mano nella mano, occhi negli occhi, siedevamo in attesa della pizza, quando, quasi fossero apparsi dal nulla, vedemmo venire verso il nostro tavolo due personaggi alquanto bislacchi, mai visti né immaginati prima: due uomini anziani, magri, con giacche scure e cravatte a tinta unita, uno con una chitarra classica a tracolla e l’altro col violino sotto il mento… si fermarono nei pressi del tavolo e presero a suonare e a cantare Michelemmà… garbati, composti, sorridenti… fecero da imprevista e sorprendente colonna sonora alla nostra intima festa, a andarono via lasciando una scia di incanto, di silenzio profumato di magia… fu questo il mio primo incontro con una realtà mitologica della canzone napoletana, e mai, giuro, mai avrei immaginato anni più tardi, di avere il piacere e l’onore di calcare le stesse orme che i due fratelli musicisti lasciarono dietro di sé, allontanandosi da quel tavolo e dal primo grande amore della mia vita.
Nel cuore di un uomo il ricordo sposa la musica, e la musica coniuga il ricordo ogni volta che le note tornano a volare nell’aria, nelle orecchie, nella mente… a mio avviso da questo mistico sposalizio nasce l’esigenza di molti di voler dare una colonna sonora ai loro momenti indimenticabili, alle cerimonie, alle ricorrenze, ai banchetti. come se la musica riuscisse a creare indelebili “fotografie” emotive nelle anime delle persone presenti.
Come posteggiatore, come umile interprete di questa antica e nobile arte, è questa la cosa che ho maggiormente a cuore quando cammino fra i tavoli con la chitarra a tracolla: riuscire a ricreare quella magia (oserei dire archetipica) nella vita di chi ascolta e festeggia, mettendo in evidenza quel carattere di convivialità che è proprio della canzone napoletana, in quanto canzone del popolo napoletano.
Due sono le versioni possibili della posteggia per quanto riguarda l’audio. la prima, la più tradizionale, è acustica, senza cioè microfoni e amplificazioni: solo chi è nelle immediate vicinanze ascolta il canto e la chitarra, chi è un po’ più lontano dovrà aspettare che il posteggiatore si sposti avvicinandosi; la seconda versione audio nasce dalla tecnologia audio che oggi abbiamo a disposizione: con due o più radiomicrofoni è infatti possibile lasciare che la posteggia continui indisturbata il suo corso nella modalità che le è propria, mentre l’ascolto della sala sarà curato dall’impianto audio a cui giungono i segnali dei radiomicrofoni… insomma, in questo caso, tutti ascoltano tutto, ma sempre con volumi discreti e da sottofondo. Qualche volta sono al mio fianco uno o più musicisti, compagni di ventura che uniscono i loro suoni a quello della mia chitarra: mandolino, violino, flauto, tammorra, sono per me vita che si aggiunge alla vita, un momento altamente impegnativo ma enormemente gratificante a livello relazionale e musicale per un solitario come me.